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mercoledì 18 febbraio 2015

Landini: «La decisione è dei lavoratori»

Astenersi dal lavoro il primo maggio è un «diritto esplicito» dei lavoratori. Tuttavia, «in ogni situazione possono essere trovate sul piano contrattuale le soluzioni nel consenso delle persone coinvolte». Con queste parole anche il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, si è espresso ieri sulla decisione, da parte di una minoranza dei dipendenti del Teatro alla Scala di Milano, di non lavorare nel giorno della festa dei lavoratori, che quest’anno coincide con l’inaugurazione di Expo e con la messa in scena, al Piermarini, della prima di «Turandot». Landini ha aggiunto che, in ogni caso, «è una decisione che devono prendere in quel luogo i lavoratori e io sarò rispettoso di qualsiasi decisione i lavoratori della Scala prenderanno». Perché il primo maggio «in tutti i contratti è indicato come un giorno in cui non si lavora. Per me questo rimane un punto e non credo occorra sacrificare tutti i diritti in nome del mercato».
Comunque si voglia interpretare le parole del segretario della Fiom, non arriva da lui una indicazione esplicita sull’astensione dal lavoro o sull’adesione da parte dei lavoratori della Scala, dopo che i delegati Cgil del Piermarini si sono detti contrari a lavorare il primo maggio, invitando i lavoratori del teatro a fare altrettanto. Posizione rimasta ferma anche dopo gli inviti al dialogo arrivati dal segretario nazionale della Cgil Susanna Camusso e del responsabile regionale della Slc-Cgil Paolo Puglisi.
«Non mi pare che le parole di Landini siano un’apertura al dialogo – commenta Francesco Lattuada, uno dei delegati Cgil del teatro lirico mianese –. In ogni caso, la nostra posizione non cambia. La contrattazione? Non si tratta di contrattare sui soldi: si sarebbe dovuto semmai contrattare sui temi sindacali e politici che riguardano il futuro del teatro e il nostro contratto nazionale. Non vedo però elementi di novità né apertura da parte del teatro. Quindi non vedo perché dovremmo cambiare posizione». Per Giancarlo Albori, coordinatore nazionale area Democrazia e lavoro di Slc-Cgil, da Landini è arrivato pieno sostegno alla scelta di non lavorare, attraverso «l’invito a guardare nel contratto, dove è scritto che il primo maggio si fa festa».
Intanto, a dirsi fiducioso di salire sul podio della Scala il primo maggio e certo che «tutti daranno il massimo come sempre» è stato ieri il maestro Riccardo Chailly, che dirigerà l’opera di Puccini.

martedì 17 febbraio 2015

Landini: rispetto decisione dipendenti Scala su Primo maggio

Milano, 17 feb. (askanews) - "Sarò rispettoso della decisione dei lavoratori e penso che il Primo maggio sia un diritto esplicito di chi lavora". Così il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, a margine di un incontro a Milano sul Jobs act, ha risposto a chi gli chiedeva un commento sulla possibile astensione dal lavoro da parte di alcuni dipendenti della Scala in occasione del Primo maggio, data in cui è previsto un concerto per l'inaugurazione di Expo. Il diritto all'astensione dal lavoro il primo maggio "rimane e non credo che occorra sacrificare tutti i diritti in nome del mercato".
Parlando, invece, dell'ampio utilizzo di volontariato per Expo 2015, Landini ha risposto che "chi lavora ha diritto allo stipendio. E non credo che quello adottato per Expo possa essere un modello di riferimento per cambiare il mercato del lavoro".

venerdì 13 febbraio 2015

Solidarietà ai lavoratori della scala Operai e RSU della INNSE


BASTA VIOLENZA CONTRO LE DONNE


giovedì 12 febbraio 2015

Expo. E se avessero ragione i ribelli della Scala?

Di Luciano Muhlbauer

Chissà se alla fine la Turandot andrà in scena il Primo Maggio. Il Sovraintendente Pereira ne sembra convinto e, infatti, non sarà facile per i delegati e lavoratori “ribelli” resistere. Contro di loro si è scagliata un vera e propria armata istituzionale, dai vertici nazionali del loro sindacato, cioè la Cgil, fino allo stesso Renzi, che alla maniera dei bulli ha annunciato in diretta tv provvedimenti contro i “boicottatori”. E poi, non c’è soltanto il bastone delle minacce, ma anche la carota del “lavorate e in cambio dedichiamo la serata alle morti sul lavoro”. Argomento potente, sempre tirato in ballo quando serve una foglia di fico, ma solitamente dimenticato quando si tratta di prendere decisioni concrete.
Nella vicenda scaligera c’è qualcosa di terribilmente simbolico, qualcosa che rispecchia lo status e il valore che il discorso dominante assegna oggi al lavoro e a chi lavora. E non mi riferisco al quesito se sia ammissibile che si possa lavorare il primo maggio, perché da sempre, anche in tempi ben migliori per i lavoratori, c’è sempre stato chi ha dovuto lavorare per assicurare alcuni servizi, così come c’è chi da sempre lavora a Natale, a Pasqua o a Ferragosto. No, il punto vero è un altro, cioè che a nessuna istituzione sia venuto in mente che magari non era il caso di far coincidere l’inaugurazione di Expo con il Primo Maggio.
Una svista che la dice lunga, ma che fa il paio con l’approccio generale di Expo in materia di lavoro, assunto sempre e soltanto come costo da comprimere e fattore da rendere flessibile e docile. E così, questioni come i diritti o la dignità delle persone finiscono in fondo alla lista delle cose importanti, un po’ come succede nella Weltanschauung di Marchionne o nello Jobs Act di Renzi. Già, perché se è ovvio che i posti di lavoro legati a un evento che dura sei mesi siano a tempo determinato, un po’ meno ovvio è che si faccia dumping sullo stesso contratto precario, inventandosi forme contrattuali creative come quella di “apprendista di Operatore di Grande Evento” oppure sponsorizzando indecenze come l’”apprendistato in somministrazione”. Poi c’è ovviamente anche tutto il resto, dagli stage alla formazione on the job, per finire con quel famoso lavoro gratuito, che oltrepassa pericolosamente il confine tra volontariato e lavoro non retribuito.
Ebbene sì, Expo è anche una grande fiera della precarietà, che peraltro estende i suoi effetti nello spazio e nel tempo, grazie a accordi e deroghe come quelli promossi da Regione Lombardia. È colpisce quanto in tutta questa vicenda siano state flebili o isolate le voci critiche e che praticamente tutti questi accordi, avvisi comuni e protocolli, a livello milanese e regionale, portino la firma dei sindacati confederali, i quali oscillano tra la subalternità più completa e il tentativo di limitare i danni.
Ecco, il quadro generale è questo e la vicenda scaligera, al di là delle sue ovvie e legittime specificità, andrebbe letta in quest’ottica. Peraltro, non c’è solo la Scala, ma c’è maretta anche tra i lavoratori dell’Atm e di altri servizi pubblici, poiché Expo chiede di lavorare di più, ma poi non si capisce se ci siano i soldi per contratti e straordinari.
Insomma, quei ribelli della Scala che oggi vengono sottoposti a un ignobile linciaggio mediatico forse non hanno tutti i torti, anzi, hanno ragioni da vendere. Comunque vada a finire con la Turandot, Milano dovrebbe ringraziarli, perché hanno ricordato a tutti che lavoro deve fare rima con dignità e diritti, anche in tempi di crisi e Expo.

mercoledì 11 febbraio 2015

SI RICORDA CHE IL 1°MAGGIO

SI RICORDA CHE IL 1° MAGGIO:

 

NON È UN GIORNO DI SCIOPERO    

(PER  IL QUOTIDIANO LA REPUBBLICA)

 

NON È UN GIORNO DI BOICOTTAGGIO

(PER MATTEO RENZI)

 

MA È IL GIORNO DI FESTA DI TUTTI I LAVORATORI DEL MONDO

(PER SUSANNA CAMUSSO)

 

W IL 1° MAGGIO FESTA DEI LAVORATORI

E W ANCHE IL 25 APRILE FESTA DELLA LIBERAZIONE DAI 

NAZI-FASCISTI

(Meglio dirlo prima onde evitare che qualche fenomeno politico o dirigente abbia ancora delle strane idee)

COMUNICATO SINDACALE UNITARIO LIRICO CAGLIARI


Renzi minaccia una precettazione ma il 1°maggio è “SEMPLICEMENTE UNA FESTA"

«A chi ci chiede – tutti! – di lavorare in nome dell’Expo, evento eccezionale bla, bla, bla, poiché così agendo danneggeremmo l’immagine del paese, noi rispondiamo che la colpa è di chi ha voluto fissare l’inizio dell’Esposizione Universale in un giorno festivo per legge in plateale spregio della storia del movimento operaio, con l’avallo di sindacati complici del lavoro gratis e interinale. E poi quale immagine dovremmo tutelare? A fronte di quanto accaduto in questi anni, tra inchieste, appalti manovrati da sistemi mafiosi, arresti per turbativa d’asta, azzeramenti del CdA, fino alla nomina di Cantone a presidente del comitato anticorruzione nel giugno 2014, a soli 11 mesi dall’inaugurazione, l’immagine di Expo è terrificante a causa dei danni inflitti dai suoi protagonisti».
Con una lettera pubblicata sui siti di movimento, gli Scala Workers, ribattono seccamente ai diktat del premier Renzi che ieri s’è detto «pronto a tutto» pur di inaugurare il primo maggio, con la Turandot diretta da Riccardo Chailly alla Scala quell’impasto di speculazione edilizia, consumo di suolo, ambiente e diritti, di favori alle multinazionali e appalti mafiosi che per brevità possiamo chiamare Expo.
La vicenda incrocerà, quel giorno, la May Day Internazionale contro Expo – mega eventi – grandi opere – precarietà e sfruttamento. La street parade dei precari, dei lavori alla catena, del sindacalismo conflittuale, dei movimenti sociali, potrebbe diventare quest’anno un reale momento di convergenza delle resistenze sociali coagulandosi attorno al No Expo. Anche perché sarà la più grande edizione della MAY DAY mai vista. Da tutta Europa arriveranno i rappresentanti di quel popolo massacrato dalle politiche di austerità dell’Unione Europea, della BCE e della Merkel e del Fondo Monetario Internazionale. Migliaia di disoccupati, precari, pensionati ridotti alla fame, sfrattati, senza casa, migranti, lavoratori sfruttati, esodati, sindacati di base ed associazioni, NO TAV, NO TRIV, ambientalisti, centri sociali, … si troveranno scandendo May Day, May Day. «Vorremmo che a questo grande evento di popolo partecipassero anche tutti i dipendenti del Teatro Alla Scala», chiede la Cub.
«Il 18 febbraio al direttivo nazionale cgil sarà battaglia. Stiamo con i lavoratori e le lavoratrici della Scala», dice Sergio Bellavita, coordinatore del Sindacato è un’altra cosa, l’opposizione interna della Cgil, «dall’Expo’ 2015 una chiamata alla guerra generale contro i lavoratori e i loro diritti»
«Non lavoreremo – scrivono i lavoratori – semplicemente perché siamo lavoratori e il Primo Maggio è la nostra festa comandata. Giornata di fratellanza universale, devozione e appartenenza a una storia condivisa da milioni e milioni di lavoratori in tutto il mondo da generazioni (…)Non lavoreremo perché crediamo nei legami di solidarietà che trasformano le scelte individuali in scelte collettive; nel lavoro come strumento d’emancipazione e partecipazione sociale. Soprattutto oggi, che il lavoro è tornato a essere una merce comprata al minor prezzo e a minor tutele possibili sul mercato; che nella nuova alfabetizzazione servile i diritti si chiamano privilegi, infangando la memoria di chi per questi diritti ha lottato, s’è sacrificato, è andato in prigione, ha dato la vita. Diritti collettivamente conquistati a duro prezzo, di conseguenza a duro prezzo collettivamente da difendere».
Al sindaco Pisapia, che qualche giorno fa ha chiesto loro «una riflessione ulteriore» viene risposto che «è più di un anno che riflettiamo e facciamo comunicati dicendo che per noi la Turandot può andare pacificamente in scena il 2 maggio».
Sembra un personaggio siloniano, l’avvocato padronale di Fontamara, il segretario Slc Cgil milanese, Paolo Puglisi, quando propone di lavorare ma dedicando la rappresentazione ai morti sul lavoro ma «l’unico modo di valorizzare la festa del Primo Maggio – scrivono gli Scala Workers – è non lavorare, nel totale rispetto della sua natura e storia, che la CGIL dovrebbe avere ben nota. A Puglisi diciamo che è meschino e squallido fare beneficenza sulla pelle degli altri. Meschino e squallido fare demagogia sulle morti bianche per comandarci al lavoro. Davvero una strana concezione del sindacato quella secondo cui chi dovrebbe rappresentare l’interesse dei lavoratori si schiera non solo contro la loro volontà, ma contro la propria storia, quella del Primo Maggio socialista e comunista». Anche a Bergamo, al direttivo Cgil, il segretario dei trasporti  propone un patto anti-sciopero per Expo.
L’attitudine concertativa della Cgil e dei suoi partner confederali ha già prodotto quel mostro di accordo, al tempo del governo Letta, per cui dei 20mila lavoratori di Expo ben 18500 saranno “volontari” pagati a tramezzini e biglietti del metro, gli altri saranno sottopagati.
Il governo non avrebbe alcuna remora a ‘precettare’ (ma il primo maggio è “semplicemente un giorno di festa) i dipendenti della Scala visto anche il valore simbolico di una cerimonia di gala che tessa le lodi del governo e dell’Expo svuotando di senso la festa dei lavoratori nell’anno del jobs act. Per ragioni simili la Scala è da mezzo secolo il luogo simbolo dello squilibrio tra il mondo di sopra, che va in scena ogni anno alla sua inaugurazione, e chi da fuori contesta le disuguaglianze sociali e il malaffare.
Cisl, Fials e Uil hanno dato la disponibilità a lavorare. La Cgil ribatte che il primo maggio è un diritto «indisponibile», come ha sancito la Corte di Cassazione. Il che significa che ciascuno può decidere se lavorare o meno (e non si tratta di scioperare ma semplicemente di un giorno di festa). Il sovrintendente Alexander Pereira ha chiesto ai dipendenti di firmare entro il 31 gennaio una lettera per dare la disponibilità a lavorare. Queste buste però non sono state ancora aperte e per ora non ci sono dati ufficiali. Orchestra e coro da tempo hanno detto di essere pronti a suonare. Un paio di mesi fa hanno firmato una lettera con circa 200 adesioni. Diversa la situazione fra i tecnici, soprattutto elettricisti, dove molti sono gli iscritti a Cgil e Cub. Finora non sono serviti gli appelli a far cambiare loro idea, nemmeno quello della segretaria nazionale Cgil Susanna Camusso. Ne quelli dei vertici milanesi. Vale la pena ricordare il tono e le parole di Renzi a tutti coloro che lo hanno votato credendo fosse un argine a eventuali torsioni autoritarie berlusconiane: «Se c’è una qualche minoranza che pensa di poter bloccare, non in nome del sacrosanto diritto di sciopero, ma dell’inaccettabile diritto di boicottaggio di quell’evento sappia che siamo pronti a tutto», ha giurato l’autore del jobs act. Una soluzione ragionevole ci sarebbe: «La Direzione sposti la data della prima di Turandot al 2 maggio, Tanto più che l’inaugurazione di Expo 2015 non è – né è mai stata – il 1° maggio, ma il 30 aprile, con il concerto Andrea Bocelli. Ma se insiste a perseverare nella perniciosa richiesta, il problema è tutto suo. Direzione che in questa vicenda aveva prima negato che si dovesse lavorare il 1° maggio (con il vecchio Sovrintendente Lissner), quindi con Pereira ha tergiversato, per poi infine mettere tutti davanti al fatto compiuto. Credo non ci sia molto da aggiungere, se non buon Primo Maggio di festa a tutti»

 ARTICOLO APPARSO SU

http://popoffquotidiano.it/2015/02/08/scala-i-lavoratori-sfidano-renzi-il-1maggio-sara-festa/

martedì 10 febbraio 2015

SOLIDARIETA' AL POPOLO GRECO

SOLIDARIETA' AL POPOLO GRECO

In questi giorni i poteri forti dei mercati stanno minacciando uno dei valori più preziosi del nostro tempo: la democrazia. Le dichiarazioni di Angela Merkel, del ministro delle finanze Tedesco Schauble e le prese di posizioni della BCE a seguito delle richieste del primo ministro Greco Alexis Tsipras di trovare una soluzione che metta il suo paese in grado di tornare a garantire livelli dignitosi di vita, non lasciano alcun dubbio sulla necessità, di chi oggi governa l'economia, di mettere tutto al servizio del mercato. Le urne greche hanno lanciato un segnale inequivocabile contro le politiche fino ad adesso imposte dalla troika nel paese ellenico, quasi un referendum contro le politiche di austerity a cui molti paesi, tra cui l'Italia, si sono dovuti sottoporre. Il fallimento di queste azioni, i greci, l'hanno vissuto sulla propria pelle con un livello di povertà cresciuto a dismisura negli ultimi anni assieme ad un peggioramento del debito pubblico. Hanno visto dimezzare il proprio stipendio, hanno visto sparire la TV di stato, hanno visto chiudere ospedali e punti di primo soccorso, hanno visto chiudersi gli spazi democratici. Il voto del 25 Gennaio ha dato massima fiducia al programma di Tsipras che, nonostante le ingerenze tedesche che chiedessero di abbandonare le promesse elettorali, ha riaffermato di volere portare a termine proprio per garantire gli spazi democratici riconquistati. Per questo, perchè pensiamo che le politiche di austerità siano fallite, perchè riteniamo che la democrazia sia un valore irrinunciabile del nostro tempo, come comitato di Massa Carrara di L'altra Toscana con Tsipras esprimiamo totale solidarietà al popolo Greco in questo momento in cui gli attacchi che arrivano dalla Germania e dalla BCE stanno minando i pilastri della democrazia che proprio nella penisola ellenica vennero alla luce. Il popolo Greco necessità oggi dell'appoggio del maggior numero di stati europei perchè il problema non è circoscritto solo a quel paese ma coinvolge tutto il continente e anche il governo Italiano dovrebbe appoggiare le iniziative di rimodulazione del debito greco perchè dalla messa in discussione dei principi dei trattati europei può passare la rinascita sociale ed economica del nostro paese.

martedì 3 febbraio 2015

Non ci togliamo il cappello!


COMUNICATO SINDACALE


 

Non ci togliamo il cappello!”

I delegati e i lavoratori CGIL del Teatro mantengono la posizione espressa dall'assemblea degli iscritti e ribadita il 28 gennaio scorso ai vertici della Camera del Lavoro di Milano.
Il Primo Maggio resta una data indisponibile ad ogni trattativa: continuiamo a non comprendere la pervicacia con cui la Direzione insiste nel non voler modificare la data della Prima di Turandot.

Agli attacchi che abbiamo ricevuto dai media, ultimamente si sono aggiunti quelli di alcuni soggetti sindacali, compresi illustri dirigenti locali e nazionali della nostra organizzazione, che usando in modo strumentale e squallido la demagogia sulle morti bianche, ci vogliono “comandare” al lavoro.
Che strana democrazia sindacale quella nella quale chi dovrebbe rappresentare l'interesse dei lavoratori si pone contro la maggioranza degli stessi!



Giuseppe Di Vittorio: “ La Cgil ha insegnato ai poveri contadini a non togliersi il cappello di fronte ai latifondisti”.